Sabato 9 Maggio - Casa Menotti, ore 18
CONCERTO CELEBRATIVO DEL CENTENARIO
Alessandro Bistarelli, pianoforte
Musiche di Skrjabin
ingresso su prenotazione al numero 0743 46620 - al termine di ogni concerto viene servito un aperitivo nella terrazza d'onore
biglietto per concerto e aperitivo €7 - Casa Menotti, Piazza del Duomo, Spoleto
CONCERTO CELEBRATIVO DEL CENTENARIO
Alessandro Bistarelli, pianoforte
Musiche di Skrjabin
ingresso su prenotazione al numero 0743 46620 - al termine di ogni concerto viene servito un aperitivo nella terrazza d'onore
biglietto per concerto e aperitivo €7 - Casa Menotti, Piazza del Duomo, Spoleto
Aleksandr Nikolaevič Skrjabin fu musicista di primissimo piano nel panorama russo di fine ottocento, compositore, poeta, teosofo, pianista concertista di fama europea.
Elesse il pianoforte a strumento dei suoi ineffabili sogni e delle sue tormentate visioni, anche se nella maturità allargò il campo degli interessi compositivi all'orchestra sinfonica. Seppe tradurre sulla tastiera le più morbide ed allucinate sensazioni, i più imponderabili stati d'animo, le fantasie e le evocazioni più sottili, con una ricchezza di sfumature e di accenti, quali il pianoforte non aveva più conosciuto dopo Chopin.
Coltivò tutti i generi della tradizione romantica: Preludi, Studi, Valzer, Mazurche, Notturni, Poemi, oltre alle monumentali dieci Sonate, veri capolavori di esteso significato compositivo ed espressivo.
Esordì come epigono di Chopin, per la squisita raffinatezza della scrittura pianistica, per il lirismo intenso e cupo, nonché la grazia leggera ed elegante dei primi lavori.
Skrjabin avrebbe potuto degnamente concludere il secolo sulla scia della tradizione tardo romantica, ma il suo stile subì un'evoluzione progressiva e radicale verso gli ultimi componimenti, di sconvolgente modernità.
Estraneo alle tendenze della musica nazionale russa, perseguì con assoluta coerenza le visioni e le esasperazioni del decadentismo, in un processo di trasformazione del linguaggio musicale personalissimo e audace.
Elesse il pianoforte a strumento dei suoi ineffabili sogni e delle sue tormentate visioni, anche se nella maturità allargò il campo degli interessi compositivi all'orchestra sinfonica. Seppe tradurre sulla tastiera le più morbide ed allucinate sensazioni, i più imponderabili stati d'animo, le fantasie e le evocazioni più sottili, con una ricchezza di sfumature e di accenti, quali il pianoforte non aveva più conosciuto dopo Chopin.
Coltivò tutti i generi della tradizione romantica: Preludi, Studi, Valzer, Mazurche, Notturni, Poemi, oltre alle monumentali dieci Sonate, veri capolavori di esteso significato compositivo ed espressivo.
Esordì come epigono di Chopin, per la squisita raffinatezza della scrittura pianistica, per il lirismo intenso e cupo, nonché la grazia leggera ed elegante dei primi lavori.
Skrjabin avrebbe potuto degnamente concludere il secolo sulla scia della tradizione tardo romantica, ma il suo stile subì un'evoluzione progressiva e radicale verso gli ultimi componimenti, di sconvolgente modernità.
Estraneo alle tendenze della musica nazionale russa, perseguì con assoluta coerenza le visioni e le esasperazioni del decadentismo, in un processo di trasformazione del linguaggio musicale personalissimo e audace.
La frase ampia e distesa, di ascendenza romantica, si addensa in temi scarni, essenziali, di poche note, scanditi in figurazioni ritmiche minuziose, quasi ossessive. Il tematismo sbriciolato, articolato spesso in gesti cromatici minimi e stringati, elude la logica degli sviluppi, propria della tradizione classico-romantica. L’armonia tende a prevalere sulla melodia con effetti di carattere timbrico-espressivo originalissimi, il ritmo diviene sempre più incisivo e bizzarro, la trama pianistica si fa sempre più elaborata. La musica emana una diffusa ed estatica sensualità.
Le indicazioni psicologiche sottili, che animano l’incedere dei temi, tendono a tradurre sulla tastiera visioni fantastiche dell'inconscio.
La concezione spaziale e timbrica dell'accordo, sviluppato come unità autosufficiente e compiuta, porta ad eludere i legami tonali, basati su nessi di relazione e attrazione fra i suoni. Ne deriva un linguaggio atonale, che supera in se stesso i concetti di melodia ed armonia, con uno straordinario potere di penetrazione.
Sintesi della tecnica compositiva skrjabiniana è l'accordo mistico, costruito mediante sovrapposizione di quarte di vario tipo (do, fa diesis, si bemolle, mi, la, re). L’accordo mistico o accordo sintetico genera una sovrapposizione di suoni di estatica bellezza, un archetipo, capace di reinventare l'armonia. Diviene principio assoluto a partire dal Prometeo, il Poema del Fuoco op. 60 (1908-1910) per orchestra, pianoforte, coro e clavier à lumière.
Il suono brilla di un potere magico, estatico, come un addensamento di vibrazioni capace di indurre eccitazioni abbaglianti e prolungate. È questa l’estasi skrjabiniana, uno stato di trascendenza che, passando per il delirio dei sensi, tende al congiungimento con l’infinito.
La creazione musicale supera dunque le tradizionali categorie semantiche. Essa permette l’ascesa verticale verso la perfezione e appare come una stratificazione di stati di coscienza, tali da produrre una sorta d’illuminazione interiore.
Il presente concerto intende presentare la tarda produzione pianistica di Aleksandr Nikolaevič Skrjabin.
Il programma si apre con i Due Morceaux op. 57 (Désir e Caresse dansée), composti da Skrjabin nel 1907, le prime composizioni dove il musicista usa una sintassi armonica basata su concatenazioni di accordi per quarte. I due piccoli ed incantevoli brani sono contemporanei al Prometeo, il Poema del fuoco, dove Skrjabin abbandona l’armonia triadica e supera definitivamente il sistema maggiore minore tramite l’uso sistematico e funzionale dell’accordo sintetico.
Il programma si conclude con la Decima Sonata op. 70, forse il testamento spirituale dell’autore. Composta nel 1913, insieme alla Ottava e alla Nona Sonata, ai Due Preludi op. 67 ed ai Due Poemi op. 69, la Sonata rappresenta la sintesi delle esperienze compositive e delle conquiste estetiche dell’autore e lascia intravedere i traguardi linguistici e strutturali delle ultimissime opere. E’ animata da tensione crescente e decrescente e sprigiona energia spirituale ad ogni passo.
Le indicazioni psicologiche sottili, che animano l’incedere dei temi, tendono a tradurre sulla tastiera visioni fantastiche dell'inconscio.
La concezione spaziale e timbrica dell'accordo, sviluppato come unità autosufficiente e compiuta, porta ad eludere i legami tonali, basati su nessi di relazione e attrazione fra i suoni. Ne deriva un linguaggio atonale, che supera in se stesso i concetti di melodia ed armonia, con uno straordinario potere di penetrazione.
Sintesi della tecnica compositiva skrjabiniana è l'accordo mistico, costruito mediante sovrapposizione di quarte di vario tipo (do, fa diesis, si bemolle, mi, la, re). L’accordo mistico o accordo sintetico genera una sovrapposizione di suoni di estatica bellezza, un archetipo, capace di reinventare l'armonia. Diviene principio assoluto a partire dal Prometeo, il Poema del Fuoco op. 60 (1908-1910) per orchestra, pianoforte, coro e clavier à lumière.
Il suono brilla di un potere magico, estatico, come un addensamento di vibrazioni capace di indurre eccitazioni abbaglianti e prolungate. È questa l’estasi skrjabiniana, uno stato di trascendenza che, passando per il delirio dei sensi, tende al congiungimento con l’infinito.
La creazione musicale supera dunque le tradizionali categorie semantiche. Essa permette l’ascesa verticale verso la perfezione e appare come una stratificazione di stati di coscienza, tali da produrre una sorta d’illuminazione interiore.
Il presente concerto intende presentare la tarda produzione pianistica di Aleksandr Nikolaevič Skrjabin.
Il programma si apre con i Due Morceaux op. 57 (Désir e Caresse dansée), composti da Skrjabin nel 1907, le prime composizioni dove il musicista usa una sintassi armonica basata su concatenazioni di accordi per quarte. I due piccoli ed incantevoli brani sono contemporanei al Prometeo, il Poema del fuoco, dove Skrjabin abbandona l’armonia triadica e supera definitivamente il sistema maggiore minore tramite l’uso sistematico e funzionale dell’accordo sintetico.
Il programma si conclude con la Decima Sonata op. 70, forse il testamento spirituale dell’autore. Composta nel 1913, insieme alla Ottava e alla Nona Sonata, ai Due Preludi op. 67 ed ai Due Poemi op. 69, la Sonata rappresenta la sintesi delle esperienze compositive e delle conquiste estetiche dell’autore e lascia intravedere i traguardi linguistici e strutturali delle ultimissime opere. E’ animata da tensione crescente e decrescente e sprigiona energia spirituale ad ogni passo.